Miti e leggende.

Addio querce, corone ai valorosi
alberi di Giove, germi di Dodona,
che prime agli umani cibo offriste;
o popoli ingrati, inetti a riconoscere
i beni ricevuti, o popoli sì rozzi
da massacrare così i padri nutritori.

In Breve

Quercia, albero robusto, sacro al dio del cielo dei Greci, Zeus e alla sua controparte romana, Giove. L'oracolo di Zeus a Dodona, si trovava in un bosco di querce, dove la sacerdotessa pronunciava gli oracoli dopo aver ascoltato il fruscio delle foglie. Sia nella mitologia greca che in quella romana il primo cibo degli esseri umani fu la ghianda, il frutto della quercia. Gli indiani dell'America settentrionale, che mangiavano le ghiande, credevano che la quercia fosse un dono di Wy-ot, il primogenito della terra e del cielo. In Germania, quando Bonifacio VIII volle convertire la popolazione, una delle sue prime azioni fu quella di distruggere la quercia sacra ai Druidi, poichè si riteneva fosse la dimora di demoni, draghi e nani. In alcune zone del Nord, a chi feriva una quercia, veniva praticata un'incisione dell'ombelico per tirare fuori gli intestini che venivano, poi, avvolti attprno al tronco dell'albero. In Inghilterra. Il Giorno della quercia reale si festeggia il 29 maggio e commemora la restaurazione di Carlo II; il nome deriva dalla quercia tra i cui rami il re trovò rifugio, durante la fuga dalle truppe di Cromwell.

Da Dizionario universale dei miti e delle leggende di Anthony S.Mercatante.

La quercia oracolare

In Epiro, nella parte nordorientale della Grecia, in una regione molto lontana dalle grandi città, chiamata anticamente Tesprozia, sorgeva il più antico degli oracoli greci, la quercia sacra di Dodona.[...] Sofocle e Platone si limitano a nominare l'oracolo. Erodoto ne parla più a lungo, ma come funzionasse lo sappiamo solo grazie alla citazione che fa Pausania (II secolo a.c), di un testo, oggi scomparso, di Polemone il Periegeta (II secolo a.c).

A Dodona esisteva una quercia consacrata a Zeus, e in quella quercia c'era un oracolo le cui profetesse erano donne. Quelli che venivano a consultare l'oracolo si avvicinavano alla quercia e l'albero si agitava un pò; poi le donne prendevano la parola e dicevano: «Zeus annuncia la tal cosa o la tal'altra».

In Grecia sono esistiti altri alberi oracolari, ma nessuno ha conosciuto una carriera altrettanto lunga di quella della quercia di Dodona. [...] In Grecia erano note altre querce sacre. Sul monte Liceo, in Arcadia, per favorire la pioggia, il sacerdote di Zeus immergeva un ramo staccato da uno di questi alberi in una sorgente che doveva trovarsi ai suoi piedi; occasionalmente, Zeus era quindi considerato il dio del temporale e della pioggia fecondatrice. [...] La quercia di Zeus è la Quercus Robur di Linneo o, volendo essere botanicamente più precisi, la specie che Virgilio e Plinio dicono consacrata a Giove e chiamano Aesculus. [...] Sotto la lora corteccia vivevano le driadi, dal greco drys ( la quercia sacra), le ninfe che avevano la possibilità di abbandonarle; perciò era proibito abbattere una quercia prima che i sacerdoti, svolte le dovute cerimonie, avessero dichiaratro che le driadi avevano abbandonato l'Albero. Quanto alle amadriadi (dal greco ama-, «insieme», perchè formavano un tutto unico con l'albero), la loro esistenza era così strettamente connessa con quella della quercia che morivano con lei. Gli antichi ritenevano così lunga la vita della quercia che attribuivano alle amadriadi novecentotrentaduemilacentoventi anni di vita. Secondo il metro umano, le amadriadi facevano sentire i loro lamenti minacciosi. [...] Per gli antichi, una quercia vecchia e maestosa era di per sè un mondo in miniatura, un microcosmo. Era abitato non solo da ninfe, in teoria invisibili, ma da una folla di animali, alcuni dei quali d'origine divina.

Gli antichi lodavano inoltre la quercia per tutti i suoi frutti. Teofrasto li enumera diffusamente:

Tra tutti gli alberi, la quercia da il numero più alto di prodotti, come la galla di piccole dimensioni e l'altra, nera e simile alla pece; c'è inoltre un'altra escrescenza a forma di mora, ma dura e difficile da spezzare, e rara; un'altra forma di verga, dura, eretta e forata; questa assomiglia per certi versi a una testa di toro, ma rotta, e racchiude una specie di nocciolo di oliva. Produce pure ciò che alcuni chiamano «feltro». E' una piccola palla lanosa e molle intorno a un nocciolo duro, della quale ci si serve per le lampade, perchè brucia bene come la galla nera.

Queste galle, escrescenze provocate dalle punture di determinati insetti, effettivamente numerose e di vario tipo sulle querce, erano largamente utilizzate dagli antichi, nella tintura, per fabbricare l'inchiostro e nella concia delle pelli, ma anche in medicina per via delle loro proprietà astringenti. Era anche sfruttato, come caustico, il kakhrus, che è una gemma invernale. E infine i Romani andavano pazzi dei funghi che nascono dalle radici della quercia, i migliori dei quali sono di gran lunga, secondo Plinio, quelli nati ai piedi del rovere. Ma soprattutto la quercia forniva le ghiande, ritenute il primo alimento degli uomini. Essiccate, sbucciate, poi finemente macinate, servivano a preparare un pane molto ammasato che nei periodi di carestia fu consumato in Europa fino al diciottesimo secolo. All'epoca di Plinio, in Spagna si mangiavano correntemente le ghiande dolci, dal sapore non astringente come quello delle altre ghiande, ma zuccherino. Si consumano ancora oggi. Si tratta dei frutti di una varietà di leccio o quercia verde, Quercus ilex , ver. Ballota Desf., che abbonda nei paesi mediterranei, soprattutto in Grecia e in Spagna, dove la si coltiva anche nei frutteti. [...] In Italia la quercia era non meno onorata che in Grecia. Gli autori Latini ci tramandano il ricordo di numerose specie sacre. Così, nella stessa Roma, i sette colli erano nei tempi antichi ricoperti da boschi di querce dedicate a Giunone. Qui, secondo Virgilio, viveva selvaggiamente un «popolo forte nato dai tronchi di rovere duro». Sul Campidoglio, il primo tempio di Giove era stato edficato da Romolo presso una quercia da gran tempo venerata dai pastori. Ai suoi rami Romolo appendeva i trofei sottratti al nemico.

In Europa

Le immense foreste di querce della Germania meravigliarono i Romani, che vi entrarono, ma nello stesso tempo destarono in loro una specie di angoscia e addirittura di terrore sacro, di cui si sono fatti eco Plinio e Tacito. [...]
Se, vedendole, i Romani pensavano che quelle querce gigantesche fossero «originate insieme col mondo» e «quasi immortali », a maggior ragione la stessa cosa dovevano pensare i Germani chwe in loro veneravano divini antenati, e per di più antenati per così dire assoluti, i più antichi tra tutti gli esseri che ancora vivevano sulla terra e risalivano alla creazione. Presso i Germani, mentre il frassino era dedicato ad Odino, la quercia era l'albero di Donar-Thor, il dio del tuono, l'equivalente di Zeus-Giove. Lo stesso valeva per Perkunas, il cui nome deriva da quello della quercia in indoeuropeo antico. A questo dio del tuono, divinità principale dei Lituani, erano naturalmente consacrate le querce; in onore del dio erano tenuti accesi i fuochi perpetui, alimentati solo con il legno di determinate querce. I lettoni, vicini del lituani, veneravano anche la «Quercia d'oro» di Perkun, dio della folgore. [...] Tra gli slavi pare che la quercia sia stata l'albero sacro di Perun, il dio del tuono, il cui nome deriva anch'esso dalla parola indoeuropea che indica la quercia, associata al fulmine, che in polacco è piorun. [...] A Pron, in Bielorussia, cresceva un tempo un bosco e lì le querce consacrate a Perun si trovavano all'interno d'una specie di tempio all'aperto.

Da Mitologia degli alberi di Jacques Brosse.