Dal "Capitolo XI. Di quello che avvenne a Don Chisciotte con alcuni caprai" di Miguel de Cervantes Saavedra, 1605.

"Dopo che don Chisciotte ebbe il ventre bene pasciuto, prese una manata di ghiande, e guardandola attentamente, così si fece a dire: «Età fortunate, secoli avventurosi quelli che furono chiamati dagli antichi secoli d'oro! e non già perché quell'oro, tanto stimato da questa nostra età di ferro, si conquistasse allora con minor fatica, ma perché da quelli che viveano allora ignoravansi le due parole Tuo e Mio. Comuni a tutti eran le cose in quell'età innocentissima; nessuno avea d'uopo per alimentarsi se non se di alzare la mano e di cogliere dalle robuste quercie quel frutto saporoso e maturo che loro offrivano liberalmente. Le limpide fonti e gli scorrevoli ruscelli, dolci ed abbondanti acque somministravano. Nelle fessure delle rupi e nel vôto degli alberi stabilivano la repubblica loro le diligenti ingegnose api, offrendo senza premio veruno a qualunque rustica o gentil mano il frutto del dolcissimo loro lavoro. I grandi sugheri fornivano larghe e leggiere scorze per coprire le abitazioni fabbricate sopra rustiche travi, unicamente per difenderle dalla inclemenza del cielo.

Tutto in quel tempo era pace, tutto amicizia, tutto concordia; né ancora il pesante vomero del curvo aratro aveva ardito di aprire e investigare le viscere della prima nostra madre, perché senza essere forzata da chicchesia porgeva da ogni banda del fertile e spazioso suo seno quanto poteva nutrire, sostenere e dilettare i figli che allora la possedevano. [...] Tutta questa lunga diceria (che poteasi molto bene intralasciare) fu proferita dal nostro cavaliere perché le ghiande che gli furono poste innanzi, gli fecero tornar in mente l'età dell'oro, e gli suggerirono di fare quell'inutile ragionamento ai caprai, i quali, senza mai aprir bocca, attoniti e meravigliati lo stettero ascoltando. Taceva anche Sancio, ma attendeva a ingollar ghiande, visitando il secondo otre ch'era sospeso ad un ramo di sughero, affinché il vino si conservasse più fresco".

Il mio progetto


L'interesse per le ghiande è nato circa tre anni fa quando, nel corso di una passeggiata nei terreni aziendali con Dorotea (la mia cinta senese), ci siamo fermate sotto una quercia. La mia passione per la raccolta spontanea, da sempre protagonista del mio lavoro, unita all'enorme quantità di ghiande che mi trovavo sotto ai piedi si tradusse in una semplice domanda: cosa potrei fare con tutti questi frutti? Sì perchè la ghianda è un frutto – il frutto della quercia!

Dorotea sapeva bene cosa farci, il suo naso non si staccava da terra: mangiarle tutte. Così, in questo modo sicuramente bizzarro ma neanche più di tanto - visto che le cose interessanti le abbiamo "sotto al naso" - è iniziata la nostra avventura con la farina di ghianda.

Ho subito incominciato a cercare e più cercavo, più mi documentavo, più scoprivo; il mondo della quercia mi aveva letteralmente accolto. Questo sito nasce dalla volontà di far conoscere storicamente l'uso alimentare delle ghiande ma non solo, nasce soprattutto dal desiderio di valorizzare un albero dalle mille risorse di cui pochi, troppo pochi, conoscono il potere e le reali possibilità.